Prima di analizzare l'evoluzione del fenomeno turistico dagli anni '50 ad oggi, è opportuno fornire la corretta definizione del termine “turismo”, in quanto una buona parte di persone è ancora convinta che per immedesimarsi in un turista sia sufficiente visitare le attrazioni principali di una città o viaggiare per semplice piacere e divertimento, ignorando che, in realtà, il concetto di turismo racchiude un insieme molto più ampio di attività ed è fondato su alcuni criteri che devono essere assolutamente rispettati.
Nel dover definire il turismo si può partire dal superficiale concetto di viaggiatore fino ad arrivare a quello più specifico di turista, prendendo in considerazione le seguenti variabili: la volontarietà del viaggio e la durata dello spostamento. La volontarietà del viaggio permette di individuare nel turista solamente colui che viaggia per propria volontà, escludendo di conseguenza i viaggi compiuti dalla persona per cause di forza maggiore o per ragioni non determinate da una libera scelta come, ad esempio, gli esiliati, i rifugiati politici e gli emigrati. In base alla durata dello spostamento, invece, si definisce turista colui che viaggia pernottando almeno una notte al di fuori della sua abituale residenza, mentre è detto escursionista l'individuo che si mette in viaggio senza effettuare nessun pernottamento fuori dalla propria casa. Si possono infine determinare due differenti tipologie di turista, prendendo in considerazione la motivazione principale che spinge il soggetto ad intraprendere un determinato viaggio: quando una persona viaggia a causa di una motivazione strumentale (esigenze di lavoro, di studio, di cura ecc.) si parlerà di turismo strumentale, mentre ci si riferirà ad un turismo di vacanza quando, al contrario, un individuo viaggia esclusivamente per motivi che non vanno oltre il proprio benessere e realizzazione (Forlani, 2006).
Dal secondo dopoguerra a oggi, il numero di persone che impiega il proprio tempo libero nello svolgimento di attività inerenti all'ambito turistico ha fatto registrare una continua crescita, determinando una vera e propria diffusione a livello mondiale di tale trend (Donato, 2007). Conseguenza diretta dell'aumento del numero di individui che hanno deciso di “mettersi in viaggio” è stato il progressivo passaggio del turismo da fenomeno elitario a forma di agire diffuso e di massa (Metallo, 1984), coinvolgendo così fasce di consumatori sempre più ampie e differenziate (Alberoni, 1964), sia a livello di varietà che di variabilità dei comportamenti di consumo, le quali hanno reso e rendono tuttora sempre più difficile per gli operatori del settore identificare un comportamento turistico tipico (Pencarelli, 2010).
Per reagire alla crescente domanda di prodotti turistici fu ritenuta necessaria, all'inizio degli anni '60, la creazione di località balneari e turistiche ispirate alle grandi metropoli, sia a livello di comfort che di infrastrutture, con lo scopo di poter offrire ai clienti servizi standardizzati ma capaci, allo stesso tempo, di soddisfare ogni tipologia di richiesta. All'epoca, infatti, il consumatore medio, influenzato dagli anni del “boom” economico e della società di massa, desiderava ritrovare in vacanza le comodità possedute a casa propria e trovava rassicurante il fatto di vedere rispecchiate in loco le abitudini e le tipicità della vita quotidiana. Fu proprio per questa ragione che, parallelamente allo sviluppo del turismo di massa, nacquero le prime vacanze organizzate, statiche e prevedibili ma comunque rassicuranti e le catene alberghiere, le quali offrivano i medesimi servizi indipendentemente dal contesto culturale o geografico in cui la struttura era situata (Della Quercia, 2018).
La tendenza del turismo di massa iniziò a risultare “obsoleta” con l'avvento degli anni Duemila, quando incominciò a farsi strada l'innovativa concezione di “turismo esperienziale”, la quale è tutt'ora l'oggetto di studio principale degli operatori del settore.
Il turista del nuovo millennio, oramai esasperato dal consumismo, dalla globalizzazione e dalla standardizzazione della società moderna, si ritrova in uno stato di saturazione emotiva e, di conseguenza, non si domanda più che cosa desidera possedere, ma cosa desidererebbe fare o sperimentare che non ha ancora provato, con lo scopo di vivere emozioni nuove o che lo riportino a vivere i vecchi ricordi o impressioni ubicati nella propria mente (Polidori, 2015). A tale proposito, assumendo l’economia delle esperienze come nuova chiave di lettura del fenomeno turistico, Pine e Gilmore (2000) descrivono l’esperienza come una proposta economica di ordine superiore al servizio (“oltre il servizio turistico”), in quanto mentre quest'ultimo può essere considerato come l’output di un’offerta sistemica di beni, servizi, informazioni, attrazioni turistiche, ambiente, cultura ecc., il turismo esperienziale offre all'individuo una vera e propria esperienza di vita, memorabile e coinvolgente.
Il fenomeno del turismo esperienziale può essere riassunto in tre punti fondamentali, affermando quanto segue:
Concentrandosi sui punti appena elencati, è di facile intuizione comprendere quanto sia vitale per gli autori dell’economia dell’esperienza insistere sulla partecipazione dell’ospite, in quanto il coinvolgimento personale del turista è considerato l’elemento base di questa nuova tendenza ed è oramai appurato che inscenare esperienze non significa intrattenere i clienti, ma coinvolgerli. Il produttore di esperienze turistiche per progettare, realizzare e fornire un prodotto di qualità deve quindi avere consapevolezza di come queste devono essere strutturate, ed è proprio a tale proposito che Pine e Gilmore (2000), hanno schematizzato il processo di coinvolgimento di un cliente/ospite, utilizzando le due dimensioni più importanti dell’esperienza.
La prima dimensione degli ambiti dell’esperienza è il livello di partecipazione degli ospiti, che si suddivide in:
La seconda dimensione è fondata sul tipo di connessione ambientale che unisce i clienti con la performance e si distingue in:
L’unione di queste due dimensioni definisce i quattro ambiti di un’esperienza, i quali delineano il livello complessivo del coinvolgimento del cliente. Essi sono: intrattenimento, educazione, evasione ed esperienza estetica. Descriviamo di seguito separatamente i singoli ambiti, sebbene, nella realtà, difficilmente si presentano in questa maniera, poiché lo si ritiene un semplice processo di sintesi della complessità reale:
Le esperienze, per essere considerate ricche, coinvolgenti e memorabili devono comprendere al loro interno aspetti di tutti e quattro i campi, in quanto, quando gli ospiti desidereranno essere in un determinato posto, richiederanno un’esperienza estetica, quando vorranno guardare, necessiteranno un’esperienza di intrattenimento, quando avranno bisogno di provare, saranno soddisfatti da un’esperienza d’evasione ed, infine, quando vorranno imparare, solo un’esperienza educativa soddisferà il loro desiderio (Pine e Gilmore, 2000).